mercoledì 20 febbraio 2013

UNA MINESTRA TROPPO LIQUIDA


da  http://www.reedo.org/blog/la-cucina-del-futuro-e-super-ecologica


Avevo voglia di preparare una pietanza diversa da quelle insipide e già pronte di tutti i giorni, sfornate dall’extra-onde automatico attraverso il software cucina macro-matica. Lo spunto lo avevo preso scartabellando l’archivio elettronico  di famiglia contenuto nei cubi-rom. Tra i miei antenati doveva esserci stato una sorta di “cuoco”, che si dilettava a innestare ingredienti per confezionare sapori che sapevano allietare il palato di coloro che poi se ne sarebbero cibati. Infatti, vi era un numero rilevante di istruzioni per preparare diverse pietanze. Vi erano anche delle foto che mostravano il risultato finale di ogni piatto preparato, certo nulla di paragonabile agli odierni ologrammi tridimensionali, che fornivano l’illusione della contemporaneità dell’oggetto presentato. Il profumo, purtroppo, era irrimediabilmente perduto. Se all’epoca ci fossero state le attuali apparecchiature per conservarle, si sarebbero potute riavere le immagini in tutta la loro profondità, anche in termini olfattivi. Per l’occasione avevo anche rispolverato la pesante pentola in acciaio inossidabile, cimelio di un’epoca in cui ancora si cucinava. Reperire tutti gli elementi non era facile: molte essenze vegetali, complici i notevoli mutamenti climatici e ambientali intercorsi, si erano nel frattempo estinte. Fortunatamente nel sistema sintetico erano archiviate le catene del DNA di tutte le piante conosciute ed era possibile in poco tempo riprodurne artificialmente i frutti. Come per magia dal plasmatore molecolare riprendevano vita ortaggi e verdure ormai scomparse. Così zucchine, carote, patate, cipolle, prezzemolo, sedano, bieta, verze, comparivano e non dovevo far altro che tagliarle a pezzetti e versarne i frammenti in pentola. La ricetta prevedeva anche altri ingredienti che non era possibile riprodurre: la buccia di parmigiano restava solo un sogno, l’olio extravergine di oliva si surrogava con quello di sintesi e l’acqua, ormai introvabile, si ricostituiva in base alla sua formula chimica. Faticavo più del previsto per cuocere il tutto, ma alla fine ero soddisfatto e lo servivo in tavola. Mia figlia era la prima a chiedere come mai si mangiasse in quei buffi tondi colorati. “Si chiamano piatti”- Le spiegava mia moglie – “Quando avevamo la vostra età, a volte ci mangiavamo dentro !”- E poi spiegava: “Vostro papà ha voluto preparare una sorpresa per tutti noi, facendoci assaggiare una pietanza molto antica, che ha trovato nella vecchia memoria elettronica di famiglia!”- Mio figlio, dall’espressione del viso non pareva contento e stava quasi per sbuffare, come suo solito quando gli toccava obbedire ad un qualcosa che non avrebbe voluto fare, invece, un attimo dopo iniziava a ridere di gusto e diceva, senza mezzi termini: “Questo piatto se l’è fatta sotto!”- La madre lo stava per richiamare e aveva già assunto un tono severo, sennonché la sorellina irrompeva nel mezzo del discorso con la solita irruenza delle sue irrefrenabili parole:” Pure il mio! Guarda mamma, pure il mio!” – Purtroppo non erano solo i loro ad aver bagnato il tavolo, anche dai nostri fluiva copioso il liquido che prima vi era contenuto. Evidentemente i piatti, che erano in materiale organico vegetale bio-commestibile, retaggio del periodo post-plastico e che risalivano a decenni prima, avevano perduto buona parte delle proprietà contenitive originali.
A bagnare aveva bagnato, ma non la tavola. Era lui tutto sudato, forse la sera prima aveva mangiato troppo ed aveva faticato a digerire, facendo questo sogno del tutto inverosimile.



(da www.racconti occasionali.blogspot.com , post pubblicato il 1 ottobre 2012 )

Racconto finalista al Premio Racconto Bonsai edizione 2011, e pubblicato nel volume "SCRITTO E ...MANGIATO - Racconti di vita e di sapori", a cura di B.Cordes e A.Trimarco edito da Giulio Perrone S.r.l., Roma maggio 2011, pag 57.

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